Negli appelli che capita di leggere qua e là fatti dagli amministratori pubblici a quei varesini non sufficientemente entusiasti, se non addirittura critici nei confronti dell'eventone che ci aspetta e tra le cui fila ho la sfortuna di trovarmi, ricorrono sempre gli stessi concetti. "Un'occasione unica per la nostra città", "Una vetrina mondiale", "Un trampolino per il rilancio del turismo","Prestigio per Varese" et similia.
La conclusione è l'ecumenico invito "Non guardate ai mondiali come fonte di disagi, ma come una settimana da vivere insieme!". Così provo a lasciarmi andare anch'io e a mettere da parte il mio privato interesse, le mie esigenze di lavoratore e genitore, i miei diritti di cittadino e altre meschinità del genere, sacrificando sull'altare del bene comune di Varese la mia normale dose quotidiana di libertà e unendomi al coro di evviva i mondiali. Nonostante ciò, mi resta sufficiente lucidità per chiedermi in cosa si traducano i concetti di cui sopra.
A cominciare dal Prestigio (s. m. 1 credito, reputazione che si acquista per le proprie doti o qualità: avere molto prestigio; godere di un certo prestigio; perdere il...).
Siamo tutti d'accordo, per una città, godere di buona reputazione per le sue qualità è molto bello, e sicuro motivo d'orgoglio per i suoi abitanti. Ma quali sono le doti che fanno il prestigio di Varese? Se ci state ancora pensando, sarebbe stato il caso di coltivarle prima di metterle in vetrina.
Io credo che prestigioso sarebbe stato mostrare al mondo una Varese che, per l'occasione, si fosse regalata una rete di piste ciclabili urbane, approfittando dei lavori al manto stradale.
Quale occasione migliore per diventare la città della bicicletta a tutto tondo, non solo dal punto di vista sportivo ma anche della mobilità e della qualità della vita? Coerentemente col suo pensiero sempre rivolto al nord del mondo, ai lander lindi e ordinati a misura d'uomo, Varese sarebbe entrata in Europa a pieno titolo. Invece niente.
Passiamo allora al rilancio del turismo, a questa Varese che vorrebbe attirare visitatori per le sue bellezze storiche, artistiche, naturali e chi più ne ha più ne metta, ma ancora fatica a capire che non è più tempo di villeggiatura, che oggi ogni proposta turistica deve rappresentare un prodotto preciso per un pubblico preciso e che la costruzione di questo prodotto necessità di pensiero, energie e grande disponibilità prima di tutto mentale.
Invece niente. Si invoca il miracolo del Sacro Monte con una funicolare che va quando ha voglia,
qualche ristorante e nemmeno un negozio. Io devo credere nel prestigio della mià città, ma sono costretto a vergognarmi.
E mi vergogno quando leggo i risultati delle analisi di Legambiente, che vedono il Lago di Varese
tra i più inquinati d'Italia, con il 100% dei campioni prelevati contaminato.
Mi vergogno quando scopro dai dati Istat che Varese è in coda alla classifica delle città italiane per quanto riguarda l'ambiente, perché spreca acqua ed energia, ha una pessima rete fognaria (tanto c'è il lago), non ha un piano per il traffico e, alla faccia del titolo di "città giardino" (privato, s'intende), ha pochissimo verde urbano. Mi vergogno di abitare in una città che appena fuori dal centro storico non ha marciapiedi.
Ma forse il prestigio di cui si parla in relazione all'evento nasce solo ed esclusivamente dall'evento stesso, e si autoalimenta con tutto ciò di cui è stato capace per presentarsi, proporsi e rendersi invitante. Per mettere in scena uno spettacolo che non si potrà dimenticare per bellezza, ricchezza e originalità. Sarà certamente così.
Ma com'è che se guardo il video del suo inno, la mascotte e l'intera immagine coordinata, vedo le installazioni artistiche, sono nuovamente costretto a vergognarmi? Mi vergogno quando leggo gli eventi collaterali previsti al "Cycling Stadium" e scopro che le special star sono i Fichi d'India, Flavio Oreglio e Memo Remigi, momenti clou di un programma a livello di sagra paesana di second'ordine. Mi vergogno quando vedo com'è stata gestita l'operazione d'incentivazione e promozione commerciale "Sono mondiale anch'io!" con il suo elenco on line di ben n° 6 "pizzerie mondiali". E infine mi vergogno anche quando vedo il Sindaco farsi ritrarre sorridente ed orgoglioso per mostrare la cartina pieghevole che verrà distribuita, il sindaco della città mondiale, non del borgo di cinquanta anime, capre comprese.
E' probabile che io abbia la vergogna facile, ma è certo che altri non sappiano nemmeno che cosa sia. E se è questo che si vuole esporre con vanto nella famosa "Vetrina Mondiale", sarà bene tener presente il rischio di una figura di cacca altrettanto mondiale.
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